Ai sensi dell’art. 20 del Codice del Consumo, una pratica commerciale è scorretta quando, in contrasto con il principio della diligenza professionale, falsa o è idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta. Le pratiche commerciali scorrette sono infatti tese a limitare e a condizionare la libertà di scelta dei consumatori inducendoli ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso (art. 18 del Codice del Consumo).
Rientra nella definizione di pratica scorretta qualsiasi azione, omissione, condotta, dichiarazione o comunicazione commerciale (ivi compresa la pubblicità diffusa con qualsiasi mezzo), tesa alla promozione, alla vendita o alla fornitura di beni o servizi a consumatori o microimprese. La scorrettezza della pratica può riguardare qualunque momento del rapporto commerciale intercorrente tra professionista e consumatore. Il Codice del Consumo distingue le pratiche ingannevoli da quelle aggressive.
Il Codice del Consumo distingue le pratiche ingannevoli da quelle aggressive.
L’obiettivo del legislatore è quello di tutelare la libertà del consumatore di fare scelte di consumo consapevoli e pienamente informate. Perché vi sia una violazione del Codice del Consumo non è necessario dimostrare che un consumatore sia stato effettivamente ingannato dalla pratica commerciale in esame, né che fosse intenzione del professionista ingannarlo. Sono numerosi i provvedimenti sanzionatori dell’Agcm in materia a di trasparenza tariffaria (es. pubblicità ingannevole, omissione degli oneri amministrativi o dei costi di spedizione).
Si intendono quelle condotte che attraverso molestie, coercizione, ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento:
È definito come ”lo sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole” (art. 18, Codice del Consumo).
Nella nozione di molestie rientrano le azioni di natura psicologica idonee a condizionare le scelte commerciali del consumatore medio.
Per coercizione si intende una significativa pressione esercitata sul consumatore, anche mediante minacce verbali o fisiche. Ad esempio, l’Agcm ha ritenuto coercitivo la condotta di un professionista consistente “nell’aver inoltrato a diversi consumatori – al fine di recuperare crediti – atti di citazione in giudizio senza il rispetto del foro territoriale competente (quello di residenza del consumatore), senza iscrivere a ruolo la causa” (AGCM, caso PS9694, Carige Assicurazioni – Solleciti di pagamento, Provv. N. 25586 del 29 luglio 2015).
L’accertamento della scorrettezza della pratica avviene attraverso un procedimento amministrativo. Tale procedimento può è essere avviato d’ufficio dall’AGCM o su segnalazione di un consumatore, di un concorrente o di qualunque soggetto interessato.
Fase pre-istruttoria
Chiusura per irricevibilità o archiviazione (per inapplicabilità della normativa a tutela dei consumatori, manifesta infondatezza…).
In caso di particolare urgenza, l’AGCM può disporre la sospensione provvisoria della pubblicità o della pratica commerciale (Regolamento sulle procedure istruttorie, art. 8). Nei casi più gravi, le misure cautelari possono anche essere adottate contestualmente all’avvio del procedimento.
L’AGCM ha potere di:
Con riferimento alle pratiche scorrette suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori o di minacciare la sicurezza di bambini ed adolescenti la sanzione non può essere inferiore a € 50.000.
Ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 689/81 nel determinare l’importo della sanzione l’AGCM deve avere “riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”.
Contro i provvedimenti sanzionatori emanati dall’AGCM è possibile presentare un ricorso innanzi al giudice amministrativo.
Gli impegni sono misure adottate dal professionista al fine di rimuovere i profili di illegittimità della pubblicità o della pratica commerciale individuati dall’AGCM nella comunicazione di avvio del procedimento.
Ai sensi dell’art. 33 del Codice del consumo “nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.
Le imprese interessate possono interpellare in via preventiva l’AGCM in relazione alla vessatorietà di clausole che intendono utilizzare nei contratti con i consumatori conclusi tramite la sottoscrizione di modelli o formulari o tramite l’adesione a condizioni generali di contratto (Regolamento sulle procedure istruttorie, art. 24).